Sindrome di Gilbert: sintomi, diagnosi, cause e cure della patologia

La sindrome di Gilbert è un disturbo del metabolismo della bilirubina di carattere ereditario. La bilirubine è un pigmento di colore arancione o giallo; la causa del disordine è da ricondurre al catabolismo dei globuli rossi danneggiati o invecchiati. Si calcola che a soffrire della sindrome di Gilbert sia almeno il 5% della popolazione caucasica.

Sindrome di Gilbert: come si manifesta

In linea di massima, la sindrome di Gilbert si manifesta dopo il periodo della pubertà con una incidenza minore nelle donne rispetto agli uomini: nella maggior parte dei casi è priva di sintomi e, soprattutto, innocua, al punto che l’aspettativa di vita non viene in alcun modo compromessa.

Quel che caratterizza la sindrome di Gilbert è una clearance difettosa della bilirubina: ciò vuol dire, in altri termini, che il fegato vede diminuire la propria capacità di metabolizzare tale sostanza, la cui concentrazione – di conseguenza – aumenta.

Le persone che hanno a che fare con questa patologia, devono fare i conti con una condizione di iperbilirubinemia indiretta, seppur lieve.

Le cause

Per quel che concerne le cause della sindrome di Gilbert, è opportuno mettere in evidenza che la ricerca non è ancora in grado di definire e individuare con la massima chiarezza le origini di questo disturbo. C’è chi, a questo proposito, ha avanzato l’ipotesi di una trasmissione a carattere autosomico recessivo e a carattere autosomico dominante e la prima soluzione sembra essere quella più plausibile. Si è, comunque, ancora nel campo delle possibilità e non delle certezze.

Quello che è sicuro, invece, è che i pazienti che hanno la sindrome di Gilbert hanno il gene UGT1A1 che ha subìto una mutazione genetica, in conseguenza della quale l’enzima uridina difosfogluconato glucuroniltransferasi – isoforma 1A1 è inibito o viene sintetizzato in modo non adeguato: questo enzima è coinvolto direttamente nel metabolismo della bilirubina.

I sintomi

Parlare di sintomi veri e propri per la sindrome di Gilbert appare improprio. Si può sostenere, comunque, che questo disturbo è contraddistinto, oltre che da iperbilirubinemia cronica indiretta, anche da un lieve ittero intermittente, ma ciò non implica che vi siano malattie del fegato funzionali o morfologiche. Le analisi del sangue, d’altro canto, mettono in evidenza dei livelli sierici di bilirubina indiretta che sono superiori alla norma ma di poco.

Va detto, però, che i fattori che determinano un rialzo leggero di questi valori nelle persone sano provocano degli aumenti ben più considerevoli e al di fuori della norma, nei soggetti che hanno la sindrome di Gilbert. Questi fattori includono il digiuno prolungato e le infezioni, ma anche lo stress, gli sforzi fisici più intensi, l’assunzione di farmaci specifici, le mestruazioni e la disidratazione.

Per quel che riguarda i sintomi, distinguerli è molto complicato, anche perché non è detto che siano sempre presenti: quelli più comuni, comunque, sono la debolezza, l’anoressia, la stanchezza, dei vaghi dolori addominali, la mancanza di appetito e l’ittero, cioè una colorazione gialla lieve della cute e delle sclere oculari.

Questi sintomi, ad ogni modo, sono comuni ad altre patologie, tendenzialmente più gravi, come la cirrosi e le epatiti, ma anche il cancro al fegato, il tumore del pancreas e le ostruzioni dei dotti biliari: anche per questo motivo è bene non allarmarsi ma al contempo informare il proprio medico nel caso in cui compaiano. In quattro pazienti su dieci interessati dalla sindrome di Gilbert, inoltre, la vita eritrocitaria media è ridotta rispetto alla norma.

In linea di massima, come detto, la sindrome di Gilbert resta asintomatica e proprio per questo viene diagnosticata con una scarsa frequenza, in genere in seguito a esami di routine che vengono eseguiti per accertare la presenza o meno di altre malattie.

La diagnosi

La sindrome di Gilbert, può essere diagnosticata in maniera molto semplice, attraverso un normale esame del sangue: se il paziente soffre della sindrome, l’esame rivela dei livelli di bilirubina indiretta che sono un po’ più alti rispetto a quanto dovrebbero, mentre restano nella norma tutti gli altri marker di funzionalità epatica. Dato, però, che il valore della bilirubinemia indiretta cambia a seconda dei fattori citati in precedenza, può essere richiesta una ripetizione dell’esame nel giro di pochi giorni, o più semplicemente lo stesso può essere effettuato in seguito a un digiuno di 24 ore. Per escludere qualsiasi altra malattia delle vie biliari o del fegato si ricorre a una ecografia epatica.

Come si cura

Per quel che concerne il trattamento della sindrome di Gilbert, non si può prescindere dalla constatazione che si è in presenza di una malattia genetica, che – di conseguenza – non può essere curata. Ciò è meno spaventoso di quel che possa sembrare, visto che quasi sempre non determina problemi: insomma, se non ci sono problemi da trattare, non ci sono trattamenti a cui ricorrere e quindi perché preoccuparsi? Ad ogni modo, per i soggetti interessati sarebbe preferibile adottare uno stile di vita basato su un regime alimentare equilibrato, in modo tale che venga conservata e preservata la salute del fegato.

Dovrebbero essere banditi, quindi, gli eccessi alimentari, rappresentati dal consumo di integratori proteici, di fritture, di bevande alcoliche e di cibi con molti grassi, in modo particolare se cotti. Da evitare anche l’acqua fluorurata, in quanto il fluoruro è un inibitore enzimatico, mentre l’abitudine di lavarsi spesso le mani dovrebbe essere interiorizzata per prevenire il più possibile le infezioni.

Prima di assumere un farmaco, inoltre, le persone che soffrono di tale sindrome dovrebbero sempre avvertire il proprio dottore, visto che gli effetti collaterali dei medicinali potrebbero essere amplificati dal deficit enzimatico, anche per i prodotti più innocui e di uso più comune, come per esempio il paracetamolo della Tachipirina. La regressione dell’ittero, infine, può essere favorita con la somministrazione del fenobarbital o di altri induttori enzimatici.

Conclusioni

In conclusione, la patologie in questione è un disordine che non deve destare particolari preoccupazioni, sia perché non compromette in alcun modo la qualità della vita di chi ne soffre – soprattutto se è asintomatica – sia perché non è pericolosa e non incide minimamente sull’aspettativa di vita.