Emorroidi: tipi, calssificazioni, sintomi e cure

Le emorroidi rappresentano uno dei disturbi più diffusi tra la popolazione italiana: in realtà sarebbe più opportuno parlare di malattia emorroidaria, dal momento che le emorroidi in sé non sono altro che cuscinetti molto vascolarizzati e morbidi che si trovano in corrispondenza della parte terminale del retto. Insomma, a voler essere precisi ognuno di noi ha le emorroidi: chi soffre di dolori o pruriti ha a che fare, invece, con una patologia emorroidaria.

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Cosa sono le emorroidi

Le emorroidi sono dei cuscinetti che si gonfiano e si sgonfiano per favorire il mantenimento della continenza: tutte le persone le hanno, ma in condizioni normali esse non sono avvertite. Solo in situazioni specifiche esse si gonfiano più del dovuto: è a quel punto che insorgono i sintomi tipici che caratterizzano la malattia emorroidaria. Insomma, quando si parla nel gergo comune di emorroidi si fa riferimento, in realtà, alla situazione nella quale si formano delle varici a causa di una dilatazione eccessiva delle vene emorroidali.

Il cedimento della mucosa rettale fa sì che le emorroidi interne siano spinte verso l’esterno: la malattia, infatti, coinvolge le strutture di sostegno del canale ano-rettale, così che i tessuti scivolano verso il basso. Le emorroidi interne, una volta giunte all’esterno, trascinano anche le emorroidi esterne con sé, provocando quello che viene definito prolasso e innescando i sintomi della malattia.

La diarrea cronica, la stipsi e la gravidanza sono alcuni dei fattori che contribuiscono alla comparsa di tali alterazioni, che in ogni caso sono influenzate in misura significativa anche dallo stile di vita che si segue.

Si ritiene che nove persone su dieci abbiano sperimentato almeno una volta nel corso della propria esistenza le emorroidi, la cui diagnosi deve essere effettuata da un medico, per evitare che i loro sintomi siano confusi con quelli di disturbi proctologici di altro genere.

Una visita proctologica compiuta da uno specialista è indispensabile per accertare la malattia emorroidaria. Nel corso di un controllo di questo tipo, dopo l’anamnesi (storia clinica) con la raccolta di tutte le informazioni relative alle malattie della persona e alla sua storia familiare – si procede con l’ispezione anale, che consiste nell’osservazione dell’ano e dell’area che lo circonda. Dopodiché è la volta di un’esplorazione rettale, che prevede la palpazione con le dita della parte inferiore del retto e dell’ano. Quindi, si conclude la visita con l’anoscopia e la rettoscopia, tramite l’impiego di tubi illuminati che permettono di osservare la parte interna dell’ano e del retto.

In alcuni casi, possono essere richiesti degli accertamenti in più se il proctologo vuole escludere la presenza di patologie infiammatorie o neoplastiche, mentre per i pazienti che lamentano una stitichezza comparsa da poco, un sanguinamento o una difficoltà nell’andare in bagno può essere necessaria una colonscopia. Una volta che gli accertamenti sono stati portati a termine, lo specialista è in grado di stabilire il livello di gravità delle emorroidi. Quelle che danno i problemi più consistenti sono quelle più voluminose, ma è opportuno prestare la massima attenzione anche agli eccessi nel sanguinamento, poiché possono provocare una situazione di anemia.

Gradi e classificazione delle emorroidi

Le emorroidi possono essere classificate in funzione delle dimensioni, del grado di sanguinamento e della gravità del prolasso. La classificazione dei gradi si basa sui sintomi, nel senso che ad ogni grado è associata una sintomatologia ben precisa, che ovviamente può aumentare e diventare più fastidiosa se il problema peggiora.

Primo grado

Le emorroidi di primo grado sono emorroidi interne che nella maggior parte dei casi risultano asintomatiche: a volte, però, possono favorire un sanguinamento – seppur lieve – al momento della defecazione.

Si tratta di emorroidi che non possono essere notate a occhio nudo e che sono visibili unicamente se si effettua un’esplorazione rettale o se si provvede a un’anoscopia. Quasi sempre non c’è bisogno di interventi specifici: al massimo, può essere utile intervenire sulle abitudini alimentari, migliorando la dieta con l’aumento di cibi ad alto contenuto di fibre.

Tra gli altri accorgimenti da adottare per percorrere la strada della guarigione, ci sono l’abitudine a bere molta acqua, lo svolgimento di esercizi fisici in palestra senza sforzi eccessivi, l’astensione dai rapporti sessuali anali e le camminate.

Secondo grado

Le emorroidi di secondo grado corrispondono al primo stadio di emorroide esterna. Nel caso in cui si avverta un fastidio che è fonte di disagio, si può pensare di rimediare con l’applicazione di pomate locali, grazie a cui i sintomi possono essere alleviati e la guarigione può essere velocizzata. Guarigione che, quasi sempre, avviene in maniera spontanea.

Le emorroidi di secondo grado si trovano ancora in una fase iniziale, pur cominciando a farsi vedere, ed è questa la ragione per la quale non richiedono un intervento esterno: non c’è bisogno, quindi, di provare a farle rientrare con l’aiuto delle mani. Ovviamente, il suggerimento è sempre quello di consultare il proprio medico, in modo tale da scoprire qual è la cura più indicata per le proprie condizioni.

Terzo grado

Con le emorroidi di terzo grado si ha a che fare con una fuoriuscita, cioè un prolasso, più grave: a questo punto è necessario un intervento manuale per fare rientrare le emorroidi esterne. Nel caso in cui esso non abbia effetto, non c’è altra strada che quella dell’intervento chirurgico.

L’emorroidopessi, nota anche come tecnica di Longo e l’emorroidectomia tradizionale, nota anche come tecnica di Milligan-Morgan, costituiscono le due metodiche che allo stato attuale sono ritenute più efficaci per la loro capacità di risolvere il problema e più sicure nell’evitare complicanze post-operatorie di qualunque genere.

Il decorso post-operatorio, in particolare, è ancora meno doloroso per la tecnica di Longo, che consente di ritornare alle attività abituali nel giro di dieci giorni o al massimo un paio di settimane. Con l’intervento tradizionale, invece, i tempi potrebbero essere più lunghi.

Quarto grado

Le emorroidi di quarto grado sono quelle più gravi: per eliminarle non c’è altra soluzione che quella dell’intervento chirurgico. La laser terapia è un intervento che può essere preso in considerazione in un caso del genere: è del tutto indolore e si basa sull’impiego di raggi laser, che entrando in contatto con il tessuto emorroidario si trasformano in calore, in modo tale da causare la coagulazione intravasale.

Una soluzione alternativa permette di sfruttare non il caldo ma il freddo: si tratta della crioterapia, che è – appunto – la terapia del gelo. In questo caso, il nodo emorroidario viene congelato, così da essere distrutto: a questo scopo si usa il protossido di azoto.

Ancora, alcuni specialisti possono fare riferimento alla scleroterapia, che prevede l’introduzione di sostanze irritanti nel gavocciolo emorroidario: così, l’area trattata coagula e si occlude. L’apporto di sangue viene meno e si ottiene una guarigione piuttosto rapida dell’irritazione delle emorroidi.

Grado di sanguinamento

Non è detto che siano solo le emorroidi esterne a sanguinare: il sanguinamento si può verificare anche per quelle interne. A dir la verità, è proprio nel momento in cui ci si rende conto della presenza di sangue – sulle feci, ma anche sulla carta igienica o sulla biancheria intima – che si scopre di soffrire di emorroidi.

Il sangue delle emorroidi interne appare subito dopo aver defecato e si riconosce per il suo colore rosso brillante: ad ogni modo le perdite sono tutt’altro che consistenti, almeno nei primi due gradi.

Diverso è il discorso per le emorroidi di terzo o di quarto grado: in questa circostanza, infatti, il sanguinamento è decisamente più significativo.

Gravità del prolasso

Il prolasso non è altro che la fuoriuscita dal canale rettale delle emorroidi. Il prolasso emorroidario può ridursi in maniera spontanea nel caso delle emorroidi di secondo grado, può aver bisogno di un intervento manuale per rientrare nel caso delle emorroidi di terzo grado e può non essere reversibile nel caso delle emorroidi di quarto grado.

Il medico valuta il prolasso per capire in che modo le emorroidi devono essere curate: tuttavia occorre sapere che la situazione può cambiare nel corso della giornata, ed è per questo che il dottore effettua la valutazione del prolasso sia quando il soggetto è in piedi che quando il soggetto è seduto.

La classificazione delle emorroidi e della gravità del prolasso deve essere eseguita da uno specialista: solo in questo modo si può sapere come intervenire.

Come ottenere una classificazione corretta delle emorroidi

Per ottenere una classificazione corretta delle emorroidi è indispensabile rivolgersi al proprio medico il quale con tutta probabilità vi consiglierà di fare una visita specialistica da un proctologo.

Purtroppo, a volte questo non avviene perché, per la maggior parte delle persone, i sintomi che caratterizzano le emorroidi sono una tremenda fonte di imbarazzo: i problemi che ne derivano riguardano la sfera intima degli individui, i quali di conseguenza si trovano a disagio o in difficoltà nel far conoscere al dottore i sintomi.

Ciò determina un effetto che dovrebbe essere evitato: in pratica, quasi sempre si fa riferimento a un proctologo – lo specialista da consultare in questi casi – quando ormai è troppo tardi; non nel senso che a quel punto le emorroidi sono inguaribili, ma nel senso che esse sono comunque giunte a uno stadio molto avanzato, con la sintomatologia che è fonte di dolore e di fastidi quasi impossibili da sopportare.

Appare evidente che un comportamento di questo tipo non può che essere ritenuto sbagliato, anche perché finisce per compromettere ancora di più la situazione.

Ma non è tutto: poter usufruire di una corretta classificazione delle emorroidi è importante anche per riuscire a distinguerle da altre patologie che coinvolgono la stessa zona del corpo e che possono essere diagnosticate unicamente con l’aiuto di alcuni esami specialistici. Tali patologie possono essere anche gravi: insomma, può accadere che si scambino i sintomi di una malattia per quelli delle emorroidi e, proprio per questa ragione, si decida di trascurarli, sperando che regrediscano da soli, solo perché ci si vergogna di parlarne con il proprio medico. Ecco perché tutte le reticenze devono essere sconfitte e tutti i tabù devono essere messi da parte: più precoce è l’intervento e più facilmente la malattia guarirà.

Sintomi delle emorroidi

Il sanguinamento (vedi emorroidi sanguinanti) e il prurito sono i due sintomi più comuni delle emorroidi, che in ogni caso possono provocare anche la formazione di secrezioni, gonfiori e prolasso. Non è detto, però, che il disturbo si manifesti sempre in modo chiaro: in alcune circostanze, infatti, può essere completamente asintomatico.

In quattro casi su cinque compare il sanguinamento, anche se in una forma lieve: tanto basta, però, per attirare l’attenzione della persona, che si rende conto della presenza di striature rosse nelle feci o si accorge che gli istanti seguenti alla defecazione sono caratterizzati dalla fuoriuscita di alcune gocce di sangue.

Nel caso in cui la colorazione del sangue sia rosso scura, vuol dire che l’emorragia proviene dal colon: in questo caso, le emorroidi non c’entrano nulla (e, anzi, è bene andare dal medico il prima possibile). La patologia emorroidaria, invece, prevede un sanguinamento di colore rosso vivo.

Altri sintomi delle emorroidi molto comuni sono una fastidiosa sensazione di bruciore e il prurito. Il dolore, in realtà, non è lancinante, ma si manifesta piuttosto come una sensazione di pesantezza a livello del retto e dell’ano: un disagio anche imbarazzante.

In linea di massima la sintomatologia iniziale è abbastanza lieve, con segni di entità modesta: per esempio, poche tracce di sangue rimasto impresso sulla carta igienica. Nel tempo, poi, i sintomi possono restare gli stessi, evolversi e diventare più gravi o regredire in modo definitivo. Nel momento in cui il problema si aggrava si trasforma in un disagio che non è semplicemente fastidioso, ma è addirittura invalidante, al punto di impedire lo svolgimento delle attività più comuni, come andare in bici o addirittura camminare normalmente.

Il dolore che si avverte non dipende dalle emorroidi in sé ma è legato alle complicazioni che ne derivano: esso si manifesta tutte le volte che si infiamma la varice, per esempio per colpa di un’infezione microbica o di un trauma, oppure se si viene a formare un trombo, cioè un coagulo di sangue.

Un altro sintomo piuttosto tipico è il prolasso: succede che le emorroidi fuoriescono dal canale anale nel corso della defecazione o non appena si compie uno sforzo, per esempio in seguito a un colpo di tosse.

Se le emorroidi rientrano in maniera spontanea si parla di emorroidi interne; se, invece, restano all’esterno si parla di emorroidi esterne. In qualsiasi caso, esse non possono essere considerate pericolose per la salute della persona che ne soffre, pur tenendo conto del grande disagio che contribuiscono ad arrecare. Solo in uno stadio della patologia molto avanzato si può verificare l’insorgenza di alcune complicanze, sotto forma di trombosi o di anemia, che però hanno a che fare unicamente con il sanguinamento eccessivo.

Possibili cause e fattori di rischio

Si ritiene che quasi la totalità della popolazione sia interessata, almeno una volta nella vita, dal problema delle emorroidi: ciò dà l’idea del fatto che si tratta di una patologia decisamente comune. Non ci sono differenze tra uomini e donne, se si esclude il fatto che per il sesso femminile ci sono i rischi connessi alla stitichezza in gravidanza.

Per una donna in dolce attesa, infatti, le emorroidi possono comparire o aggravarsi in conseguenza dell’effetto meccanico determinato dalla presenza del feto, a causa delle alterazioni ormonali che vanno a influenzare il tessuto vascolare o per il consistente aumento della pressione intraddominale che avviene al momento del parto.

Per quel che riguarda l’età, invece, le emorroidi compaiono soprattutto tra i 45 e i 65 anni, aggravandosi con il trascorrere del tempo.

Il fattore di rischio più importante è rappresentato dalla presenza di disfunzioni intestinali, quali la diarrea cronica o la stitichezza, ma altri fattori predisponenti potenzialmente decisivi sono le abitudini alimentari, lo stile di vita che si segue e la familiarità.

I disturbi emorroidari possono essere scatenati o aggravati dall’abitudine a restare in piedi per lungo tempo, da una dieta per emorroidi non adatta, dal consumo esagerato di sostanze alcoliche, dal fumo (e quindi dall’introduzione nell’organismo di nicotina), dall’abuso di lassativi, da sforzi eccessivi o dalla sedentarietà.

Uno stile di vita equilibrato, è importante a tal punto che un corpo in forma, sano, allenato, può gestire senza problemi qualunque tipo di alimento, inclusi quelli che vengono ritenuti a rischio in relazione alle emorroidi. Se si soffre del disturbo, devono essere limitati, meglio se eliminati quei cibi che irritano la mucosa anale: è il caso delle spezie piccanti e del peperoncino, ma anche del cioccolato, delle bevande alcoliche e degli insaccati.

Emorroidi interne

Emorroidi interne ed esterne

Le emorroidi possono essere distinte in base alla loro collocazione in interne ed esterne: le prime si trovano in corrispondenza dell’apertura del retto e non sono visibili dall’esterno (in pratica, sono collocate sopra lo sfintere anale); le secondo sono sottocutanee e sono visibili dall’esterno (in pratica, sono collocate all’altezza dello sfintere anale).

Cosa sono le emorroidi interne

Le emorroidi interne sono sacche piene di vasi situate tra il sistema sfinterico e la mucosa, attorno al canale anale: il loro compito è quello di contribuire al mantenimento della continenza.

Le emorroidi per svolgere la propria funzione si restringono e si dilatano: la loro presenza è assolutamente fisiologica. I problemi sorgono nel momento in cui si verifica una dilatazione eccessiva del plesso venoso emorroidario: è a quel punto che si parla di malattia emorroidaria, la quale viene classificata in funzione del livello di gravità e dell’area che è coinvolta.

La lista dei fattori scatenanti è molto lunga: essi possono essere di natura endocrina, di natura metabolica, di natura infiammatoria o di natura meccanica.

Anche i sintomi della patologia possono essere molteplici: in alcuni casi si può avere a che fare con un banale fastidio, mentre in altri il dolore si può intensificare, fino a giungere al sanguinamento e, poi, al prolasso. Nella maggior parte delle situazioni, il disturbo è rappresentato da una sensazione di tensione dolorosa e di pesantezza, che viene avvertita come più grave al momento della defecazione o quando si svolge un esercizio fisico.

Classificazione

Le emorroidi interne sono così chiamate perché si trovano all’interno del canale anale: ciò vuol dire che per osservarle è necessario effettuare un esame anoscopico specifico. In base al livello di gravità della malattia, si distingue tra emorroidi di primo grado (che sono emorroidi interne, appunto), emorroidi di secondo grado (a loro volta interne, ma fuoriuscite nel corso dell’espulsione delle feci dal canale anale), emorroidi di terzo grado ed emorroidi di quarto grado.

Prevenzione

Nel caso in cui si abbia a che fare con le emorroidi interne, è necessario modificare la propria alimentazione, aumentando il consumo di frutta e di verdura, così da incrementare l’assunzione di fibre. Bere molta acqua durante l’intero arco della giornata.

Evitare, invece, tutti quei cibi piccanti o comunque ricchi di spezie, dal momento che queste contribuiscono ad amplificare il gonfiore del plesso emorroidario, così come esacerbano l’irritazione della mucosa del canale anale. Il merito delle fibre, invece, è quello di limitare gli episodi di stitichezza.

Altrettanto importante, poi, è provvedere a una igiene personale adeguata: così facendo, si può essere certi di ostacolare e prevenire lo sviluppo di infezioni sia in corrispondenza dell’area anale che in corrispondenza dell’area genitale, da cui potrebbero derivare fastidi e dolori.

Insomma, si tratta di intervenire su una serie di abitudini non corrette che, sul medio e sul lungo termine, rischiano di risultare dannose. Al momento della defecazione, per esempio, è bene cercare di non sforzarsi in maniera eccessiva, in quanto la spinta finisce per favorire una pressione maggiore nelle vene che si trovano nel retto inferiore.

Un’altra consuetudine sbagliata è quella di chi non va in bagno e trattiene lo stimolo ed evita di defecare (magari perché si trova fuori casa, oppure perché è a letto di notte e non ha voglia di alzarsi): invece, sarebbe opportuno defecare ogni volta che se ne avverte il bisogno (ovviamente, se si ha l’opportunità di farlo). Più si aspetta, infatti e più le feci all’interno dell’intestino diventano secche e dure: il che vuol dire che riuscirebbero a transitare meno facilmente.

Molto importante, poi, è l’esercizio fisico: la vita sedentaria è molto pericolosa per le emorroidi, mentre restare attivi fa sì che la stitichezza possa essere prevenuta e che la pressione sulle vene possa essere ridotta. Anche lunghi periodi trascorsi seduti o in piedi possono aumentare la pressione. Tra l’altro, vale la pena di ricordare che anche un peso eccessivo può essere responsabile della comparsa e del peggioramento delle emorroidi: un ulteriore motivo per fare un po’ di sport.

Cura delle emorroidi interne

La cura delle emorroidi interne dipende dal livello di gravità: dopo aver messo in pratica i rimedi naturali relativi al regime alimentare, si può procedere con una terapia farmacologica.

Nel caso in cui anche questa non sortisca gli effetti sperati, non c’è altro da fare che optare per un approccio chirurgico: si ricorre, quindi, alla crioterapia selettiva, che permette di far scomparire il problema delle recidive a breve termine, tipiche nei soggetti che soffrono di emorroidi. Questo procedimento chirurgico, inoltre, ha il pregio di minimizzare le probabilità di complicanze: esso non comporta alcun tipo di dolore ed è piuttosto veloce.

Crioterapia

La crioterapia selettiva è considerata tra i metodi meno dolorosi ed al contempo più efficaci per la cura e il trattamento delle emorroidi: rispetto a pochi decenni fa, si è assistito a una notevole evoluzione da questo punto di vista, a tutto vantaggio del benessere dei pazienti.

Fino agli anni ’80, si ricorreva alla tecnica della sonda criogenica, che veniva applicata a una porzione del retto alquanto ampia e che aveva il difetto di non offrire alcuna possibilità di controllo.

Diverso è il caso della crioterapia selettiva, che permette di stabilire su quali noduli emorroidari si deve intervenire – quelli interni o quelli esterni – con la massima precisione: essi, infatti, vengono isolati rispetto alle mucose sane attraverso una legatura ad hoc che fa in modo che possano essere trattate unicamente le zone coinvolte, senza che la parete del retto ne risenta in alcun modo. I vantaggi offerti da questa soluzione sono molteplici: in primo luogo non c’è bisogno di punti di sutura, siano essi a filo o metallici; inoltre, l’anestesia è localizzata in corrispondenza dei singoli noduli, il che vuol dire che non servono punture lombari. Non ci sono rischi dovuti a possibili lesioni allo sfintere; proprio perché – come detto – la parete rettale non è coinvolta, non si ha a che fare con cicatrici stenosanti, che potrebbero determinare un restringimento della parete stessa. L’intervento può essere eseguito in una seduta sola, il che è interessante sia per il risparmio di tempo che per la riduzione dello stress del paziente. Quest’ultimo, una volta che l’intervento è stato portato a termine, può riprendere da subito la propria vita quotidiana.

Trattamento chirurgico

Un trattamento chirurgico urgente è indicato molto di rado e solo nel caso di emorroidi complicate da trombosi per le quali gli antidolorifici maggiori non hanno effetti. Il ricorso alla chirurgia può essere indispensabile anche se il soggetto non è in grado di scaricare. Le persone con emorroidi trombosate traggono beneficio entro 72 ore dall’escissione chirurgica.

Va ricordato che il trattamento chirurgico deve essere effettuato in maniera tempestiva anche se il sanguinamento delle emorroidi comporta complicazioni sotto forma di una grave anemizzazione. Anche una terapia a base di ferro e delle trasfusioni, comunque, permettono di correggere l’anemia comparsa per questo motivo: ecco perché l’intervento può essere rinviato al momento in cui l’anemia è alleviata.

L’asportazione delle emorroidi prende il nome di emorroidectomia: gli strumenti chirurgici che possono essere adottati sono diversi, dal classico bisturi agli strumenti a ultrasuoni. La preparazione all’intervento, che viene effettuato in regime di day surgery, presuppone una visita anestesiologica, una radiografia del torace e degli accertamenti specifici a seconda dei casi. Per quel che riguarda l’anestesia, la scelta tra locale e generale avviene di comune accordo tra il paziente e l’anestesista. Una volta che il canale anale del paziente è stato esaminato, il chirurgo decide per quale tecnica di intervento optare.

L’intervento THD, o di Morinaga, non comporta l’asportazione delle emorroidi ma prevede che i rami arteriosi che alimentano le emorroidi siano legati: si tratta di una soluzione alternativa rispetto ai cicli di legature elastiche e ha il pregio di richiedere una sola seduta. In più, il dolore che si avverte in seguito all’operazione è piuttosto limitato, così che il paziente ha la possibilità di riprendere la propria vita quotidiana nel giro di breve tempo.

In seguito a un intervento chirurgico, l’evacuazione deve essere agevolata con l’assunzione di lubrificanti dell’alvo; una purga può essere somministrata se il soggetto non è ancora andato di corpo in maniera spontanea dopo il terzo giorno successivo all’operazione. La sensazione di dolore che si può avvertire nel corso dell’evacuazione è piuttosto normale: per limitarla si può pensare di assumere un analgesico una ventina di minuti prima. Per la pulizia, invece, al posto della carta igienica si possono adoperare le salviettine umidificate.

Emorroidi esterne

Cosa sono le emorroidi esterne

Le emorroidi esterne, come si è detto, si distinguono rispetto a quelle interne in base alla loro posizione; anche le emorroidi esterne infatti sono dei sacchetti che ricoprono la mucosa del canale anale e che sono ricchi di vasi. La funzione di continenza, anche in questo caso, è garantita dalla loro dilatazione e dal loro restringimento. Nel momento in cui le dilatazioni venose sono localizzate sotto la linea immaginaria che divide l’ano dal retto – la cosiddetta linea pectinea – si parla di emorroidi esterne, la cui peculiarità è rappresentata dal fatto che è possibile vederle (anche con una certa evidenza) a occhio nudo.

Le emorroidi esterne si manifestano sotto forma di morbidi rigonfiamenti che fuoriescono dal canale anale: sono contraddistinte da un colore rosso e da venature blu e al tatto sono quasi soffici. Il problema è che, quando si innesca un processo infiammatorio, le emorroidi esterne diventano più consistenti: a quel punto si scatena una sintomatologia che causa dolore e che diventa più grave se la persona che ne soffre resta in posizione seduta.

Perché compaiono le emorroidi esterne

Alle origini della comparsa delle emorroidi esterne ci possono essere molteplici variabili: di certo dopo i 50 anni di età le probabilità che il problema si presenti in una forma abbastanza grave aumentano. La predisposizione genetica è inevitabile, ma tutti gli altri fattori di rischio hanno a che fare con lo stile di vita che si segue: ecco, dunque, che tra i responsabili delle emorroidi esterne e dei sintomi a esse legate possono essere annoverate l’abitudine a bere poca acqua, la tendenza all’obesità, gli eccessivi sforzi compiuti nel corso della defecazione e la sedentarietà.

Le emorroidi esterne non sono pericolose in sè; piuttosto, a renderle pericolose – almeno potenzialmente – sono le conseguenze che ne possono derivare. Nei casi più gravi, infatti, la malattia emorroidaria può degenerare e trasformarsi in una forma cronica, che provoca dolori molto intensi e può essere foriera di episodi di diarrea accompagnati da sanguinamento; in alcune circostanze, inoltre, si possono sviluppare delle fistole o delle ragadi anali, che fanno molta fatica a guarire a causa della zona delicata in cui si trovano.

Proprio per evitare tutte queste fastidiose complicazioni è preferibile cominciare la cura necessaria il prima possibile, naturalmente, sempre con il supporto e con i consigli del proprio medico di base e – se necessario – di un proctologo. Certo, il problema può essere fonte di imbarazzo, ma a tutela della propria salute è bene superare tabù inutili e dannosi. Le emorroidi nel caso in cui siano trattate in maniera adeguata possono guarire senza problemi: meglio intervenire, quindi, per liberarsi di quella sensazione di fastidio e di quei dolori che possono complicare o compromettere la quotidianità.

Prevenzione delle emorroidi esterne

Così come accade per le emorroidi interne, anche per le emorroidi esterne la prevenzione passa per una serie di accorgimenti da adottare nella vita di tutti i giorni: dal momento che nella maggior parte dei casi si tratta di sacrifici e di rinunce tutt’altro che proibitive, vale la pena di metterle in pratica per sentirsi bene e non avere a che fare con un problema tanto fastidioso. Le azioni preventive che è possibile mettere in pratica hanno lo scopo di evitare che la mucosa anale possa essere infiammata o di impedire che le feci siano troppo dure (così che, a loro volta, non causino infiammazioni). In sostanza, la via da percorrere per non avere a che fare con le emorroidi esterne consiste nel cercare di mantenere morbide le feci, così che possano essere espulse senza problemi.

A tal proposito, uno dei consigli più preziosi che è bene seguire consiste nel seguire un regime alimentare ricco di fibre: ecco perché sarebbe bene inserire nella propria dieta grandi quantità di frutta, magari puntando su quei prodotti – come i mirtilli – che sono in grado di agevolare il microcircolo intestinale. Via libera anche ai cereali integrali e alla verdura, che hanno il duplice pregio di aumentare la massa delle feci e di farle ammorbidire: in questo modo si può contrastare la colatura, che può innescare un peggioramento dei sintomi delle emorroidi o farle comparire se esse non sono ancora presenti. Ovviamente, è opportuno non rivoluzionare il modo in cui si mangia in modo brusco da un giorno all’altro: l’integrazione della fibra nella dieta, infatti, dovrebbe avvenire per gradi, così da non ritrovarsi alle prese con problemi di gas nell’intestino.

Un’altra buona abitudine che è preferibile intraprendere per prevenire le emorroidi esterne consiste nel bere liquidi in grandi quantità: non meno di sei bicchieri di acqua al giorno, ma vanno bene anche altre bevande, a patto che non si tratti di alcolici. Una corretta idratazione, infatti, fa in modo che le feci restino molli. Sempre con lo stesso scopo, si può prendere in considerazione l’opportunità di fare ricorso a degli integratori di fibre: la quantità di fibra raccomandata è di 38 grammi al giorno per gli uomini e di 25 grammi al giorno per le donne, ma è difficile raggiungerla con una normale alimentazione, soprattutto per chi è abituato a mangiare fuori casa per motivi di lavoro e quindi non ha un diretto controllo sui propri pasti. In tali circostanze, gli integratori di fibre si dimostrano più che utili: essi, inoltre, sono in grado di alleviare i sintomi delle emorroidi anche quando ormai esse si sono presentate e di contrastare il sanguinamento che ne deriva. Adottando gli integratori di fibre, che permettono di regolare le feci e di mantenerle morbide, è indispensabile bere molto per non disidratarsi; se così non fosse, essi finirebbero per provocare stipsi.

Tra gli altri suggerimenti da tenere a mente in un’ottica di prevenzione ci sono l’astensione dall’assunzione di bevande alcoliche, con riferimento in particolare al vino rosso e ai superalcolici e il ricorso a farmaci ad hoc per l’integrazione di flavonoidi. Anche il consumo di caffè dovrebbe essere moderato, mentre il fumo dovrebbe essere proprio evitato. Attenzione, poi, ai classici cibi nemici delle emorroidi come quelli troppo speziati, quelli unti e grassi e così via.

Cura delle emorroidi esterne

La cura delle emorroidi esterne può prevedere un trattamento ambulatoriale in tutti i casi in cui il cambiamento della dieta e le terapie farmacologiche non hanno garantito i risultati auspicati. Il procedimento più efficace in questo ambito consiste nella legatura elastica, che viene effettuata con uno strumento specifico che permette di collocare alla base di un gavocciolo emorroidario interno un elastico molto stretto. Grazie all’elastico, in pratica, al sangue viene impedito di raggiungere il gavocciolo, il quale di conseguenza cade dopo essere andato in necrosi. L’effetto è la formazione di una cicatrice di piccole dimensioni, con la quale il rivestimento mucoso del canale anale viene fissato più in alto: in questo modo si evita che il prolasso possa peggiorare.

La legatura elastica comporta tempi di guarigione compresi tra le tre e le quattro settimane. La legatura elastica viene portata a termine in ambulatorio nel giro di pochi minuti e permette al paziente di tornare immediatamente a casa dopo il trattamento, comporta delle complicazioni molto di rado, ma è bene prestare attenzione alla comparsa di ritenzione urinaria, che può essere un sintomo di sepsi perianale.

Dopo la legatura il paziente può avvertire, nei giorni successivi, la sensazione di ano pieno o un po’ di dolore: la somministrazione di paracetamolo permette di risolvere tale inconveniente. Ovviamente, se il dolore è molto forte, non si può fare a meno di contattare il proprio medico.

A distanza di sette o dieci giorni dalla legatura, si può notare una perdita di sangue piuttosto consistente, ma non ci si deve preoccupare: tutto dipende dalla caduta della crosta. Insomma, è una parte del processo di guarigione fisiologico e non si deve fare altro che attendere che la perdita di sangue si fermi in maniera spontanea.

Un problema collegato alla legatura elastica consiste nel fatto che essa non è in grado di evitare la recidiva delle emorroidi: questa soluzione, in sostanza, favorisce un miglioramento dei sintomi solo per pochi mesi, ma può rendersi necessaria di nuovo. Nel caso in cui le emorroidi peggiorino a dispetto della legatura, è fondamentale il ricorso a un intervento chirurgico.

Ragadi anali

Le ragadi anali sono delle ulcerazioni causate dalla presenza di una ferita, che può essere più o meno lieve, scaturita nel corso della defecazione. Simili a delle screpolature, esse coinvolgono la mucosa e la cute dell’ano.

Il problema più rilevante connesso a questo disturbo è rappresentato dal fatto che il processo di cicatrizzazione viene ostacolato e rallentato dalla contrattura muscolare che si verifica in occasione dell’espulsione delle feci, a maggior ragione nel caso in cui esse risultino voluminose e abbiano una consistenza dura. A incidere sul dolore e sulle fitte, che possono essere lancinanti, è la dilatazione del canale anale, in cui è presente un gran numero di terminazioni nervose.

Le ragadi anali hanno una spontanea tendenza a cronicizzarsi e a riproporsi proprio a causa della contrazione dello sfintere anale che avviene al momento del passaggio delle feci: essa si verifica in modo involontario (mentre quella dello sfintere esterno è volontaria). La guarigione completa della mucosa è molto faticosa anche perché la contrazione determina un afflusso di sangue contenuto.

Possibili cause

La stitichezza è una delle possibili cause delle ragadi anali: comunque, le conseguenze della stipsi possono essere amplificate da un consumo eccessivo di lassativi, dalla durezza delle feci o dalla messa in atto di manovre digitali finalizzate ad agevolare la defecazione.

Anche la frequenza di episodi di diarrea può predisporre alle ragadi: la velocità eccessiva del processo di peristalsi intestinale, infatti, fa sì che le sostanze nutrienti non possano essere riassorbite in maniera completa (e lo stesso vale anche per gli elettroliti e l’acqua). Accade, pertanto, che il pH delle feci risulta alcalino, andando a compromettere in questo modo l’integrità e la salute della mucosa anale.

Anche i rapporti sessuali anali e una igiene personale non adeguata possono essere alla base della comparsa delle ragadi.

Per la completa guarigione, spesso la soluzione va individuata in un intervento di tipo medico o di tipo chirurgico: l’eliminazione di bevande alcoliche e spezie dalla dieta deve essere accompagnato dalla somministrazione di medicinali che hanno lo scopo di contenere la contrattura dello sfintere e di regolarizzare l’alvo, mentre si dimostrano efficaci anche le pomate analgesiche. Tra le tecniche chirurgiche, la più efficace è la crioterapia selettiva.

Farmaci per curare le emorroidi

Il ricorso ai farmaci deve essere valutato in considerazione della gravità del problema. Gli anestetici topici, per esempio, possono essere adoperati per limitare il dolore che è provocato dalle emorroidi, soprattutto nel caso in cui esse siano sanguinolente, in modo tale da rendere la loro guarigione più rapida. Si tratta di prodotti che vanno applicati in corrispondenza della zona da trattare: la benzocaina, per esempio, può essere applicata per non più di sei volte nel corso della giornata, dopo aver pulito con cura la zona anale, mentre la lidocaina, in crema o in lozione, va usata al massimo tre volte al giorno.

Ancora, si può prendere in considerazione l’opportunità di usare la dibucaina, che è utile anche per il trattamento del prurito: il principio attivo vanta un’azione disinfettante e al tempo stesso analgesica. Nell’arco delle 24 ore non devono essere somministrati più di 30 grammi: il farmaco va instillato per via rettale un paio di volte al giorno, tramite l’applicatore che viene fornito, possibilmente dopo l’evacuazione, al mattino e alla sera.

Un altro tipo di unguento a cui ci si può affidare è la pramoxina cloridrato: una volta che la zona lesa è stata detersa con cura, è possibile provvedere all’applicazione dopo aver evacuato.

Gli anestetici topici, ad ogni modo, non rappresentano i soli farmaci che meritano di essere presi in considerazione per la cura delle emorroidi: anche gli steroidi possono risultare utili a questo scopo.

Si tratta di medicinali ad azione antinfiammatoria che hanno il pregio di accelerare la guarigione e, al tempo stesso, alleviano sia il prurito che il dolore, garantendo un certo sollievo alla persona che soffre. Il corticosteroide più diffuso da questo punto di vista è l’idrocortisone: un paio di supposte al giorno somministrate per via rettale in seguito all’evacuazione assicurano i risultati sperati. L’importante è evitare di superare i 100 mg al giorno. Nel caso in cui non si sia in grado di tollerare bene le supposte, il farmaco è a disposizione anche come lozione: anche in questa circostanza le applicazioni devono essere al massimo due al giorno. La terapia a base di idrocortisone deve durare per tre o quattro settimane, a seconda della gravità della condizione e delle caratteristiche della patologia.

Anche il fluocinolone è disponibile sia in supposte che in crema rettale: il trattamento consigliato prevede una o due applicazioni del prodotto al giorno, ma è sempre consigliabile chiedere un parere al proprio medico. Ancora, si può valutare il ricorso al fluocortolone, a sua volta disponibile come unguento rettale o in supposte: la terapia deve essere estesa alla settimana successiva alla scomparsa dei sintomi. Per le supposte, è necessaria una somministrazione al giorno, mentre per l’unguento le applicazioni quotidiane previste sono due (tre o quattro solo nei primi due o tre giorni).

In merito ai rimedi naturali o lassativi naturali utili per il trattamento delle emorroidi possono essere messi alla prova anche l’olio essenziale di cipresso, che ha proprietà vasocostrittrici e antispasmodiche e del rusco, il cui contenuto di saponine garantisce un’azione astringente, mentre l’amamelide ha proprietà cicatrizzanti e sfiammanti.

Da non dimenticare, in conclusione, l’iperico, che on le sue proprietà disinfettanti velocizza la guarigione.

Conclusioni

Le emorroidi, in conclusione, sono un disturbo molto diffuso ma non in grado di mettere in pericolo la salute di chi ne soffre.

Essere in grado di riconoscerle in modo precoce è fondamentale per evitare un peggioramento della situazione: se all’inizio i sintomi sono leggeri, se non del tutto assenti.

Successivamente, con l’aggravarsi del problema diventano più fastidiosi o perfino invalidanti, al punto che possono complicare in modo serio la quotidianità delle persone impedendo loro di svolgere azioni in apparenza normali come camminare o salire su una bici. In tale circostanza, un intervento chirurgico è la conseguenza inevitabile.